La messa in scena di questa edizione parmense de La forza del destino è stata affidata all’artista di origine greca ma francese di adozione, lo scenografo e regista teatrale Yannis Kokkos, uomo di teatro tra i piùapprezzati di oggi che è stato autore di tutta la parte visiva, regia scene e costumi.
Ha concepito uno spettacolo del tutto omogeno nell’insieme, curando capillarmente tutti i movimenti scenici per uno spettacolo che nel complesso non presentava stranezze e situazioni sceniche paradossali come accade oggi spesso sui palcoscenici lirici di tutto il mondo. Kokkos ha rispettato il testo presentando una scena semplice nell’insieme ma efficace per la rappresentazione. I costumi presentavano personaggi legati ad un’epoca indefinita, non di cattivo gusto (tute mimetiche o smoking che in quest’opera sicuramente qualcuno avrebbe inserito) ma concepite per rispettare l’evoluzione del dramma, sia quello intimo amoroso di Alvaro e Leonora, sia quello più passionale e vendicativo di Carlo. Ci è piaciuta molto la realizzazione del terzo atto realizzato per mettere in risalto tutte le brutture della guerra che ha portato con sé, nei millenni, milioni di vittime, distruzioni e brutalità senza fine. Nel campo militare è stato aggiunto anche un locale a luci rosse che evidenziava il degrado nel quale i soldati di ogni parte del mondo sono obbligati a vivere nei periodi di guerra, utilizzando per le parti coreutiche anche delle maschere quasi a dare un senso ‘espressionista’ alla sua messa in scena. Alla realizzazione della parte scenica hanno contribuito in maniera molto importante Giuseppe Di Iorio luci, Sergio Metalli proiezioni e Marta Bevilacqua movimenti coreografici ai quali si aggiunge la drammaturgia (carica forse inutilevisto che parliamo di una autore teatrale della statura di Giuseppe Verdi) di Anne Blancard.
Gregory Kunde ha offerto al pubblico un Don Alvaro di grande spessore dimostrando ancora una volta di essere un fenomeno vocale di insolita portata. Anche in questa occasione, dopo le recentissime prove che ha fornito in Otello, Les Troyens e Luisa Miller alle quali abbiamo assistito, ha esibito una vocalità di gran classe, dagli acuti raggiunti senza sforzi palesi, sempre attento alle raffinatezze della linea vocale; una prova che si giova anche della buona pronuncia italiana che aiuta nella realizzazione delle parti più declamate, senza mostrare, a dispetto dell’età, segni di stanchezza anche in parti come quella di Alvaro considerata da tutti massacrante per i tenori. Per Kunde uno strepitoso, e meritato, successo personale, sia a scena aperta sia al termine della recita con ovazioni a lui personalmente dedicate.
Il ruolo di Leonora è stato affidato al soprano ucraino Liudmyla Monastyrska, tra i più acclamati di oggi, ma che in questa occasione ha mostrato qualche difficoltà con la vocalità verdiana che caratterizza questa opera. A parte qualche problema con l’italiano circa il corretto significato delle parole, ci sembra soffra molto il passaggio tra le note centrali (che possiede splendide) al registro più acuto che purtroppo non le ha consentito (almeno per questa sera) di offrirci una Leonora di grande fascino. In una occasione del secondo atto è stata anche beccata dall’esigente loggione del Regio ma nel complesso il pubblico l’ha applaudita, soprattutto alla fine, con convinzione.
Don Carlo era il baritono mongolo Amartuvshin Enkhbat che le cronache ci dicono essere attratto dal repertorio verdiano anche grazie ad una voce potente e rotonda che abbina anche ad una certa grazia nelle emissioni. Anche qui al Regio di Parma ha fornito una prova del tutto valida mostrando però di giungere al finale un po’ provato risultando vocalmente un tantino appannato. Un cantante di indubbio valore al quale consigliamo però una attività meno frenetica, così come appare dalla sua agenda, nella quale hanno ruolo predominante i grandi ruoli verdiani e di gestire la sua bella e corposa voce in modo più saggio. Anche per lui un buon successo personale al termine della recita.
Padre Guardiano è una parte di basso che si considera vicina ai grandi ruoli verdiani (Filippo II, Procida, Fiesco, Attila) e Marko Mimica, seppur ancora giovane, ha dimostrato di avere le qualità per affrontare ruoli del genere in quanto ci ha dato un Padre Guardiano del tutto credibile vocalmente e scenicamente al quale, per ora, manca forse un po’ di potenza che con il tempo potrà migliorare.
Roberto De Candia, mettendo a disposizione la sua enorme esperienza nel repertorio comino/buffo ci ha dato un Melitone di grande spessore grazie alla sua ineccepibile vocalità ed alle sue conosciute ed apprezzate doti di attore realizzando un personaggio divertente e trascinante molto applaudito dal pubblico. Il mezzosoprano Annalisa Stroppa è stata una Preziosilla godibile sotto ogni aspetto, in possesso di una voce fresca ed espressiva, si giova anche della
sua grande esperienza nei ruoli comici che nella sua carriera ha frequentemente interpretato. Ha dimostrato di essere ben inserita nella visione teatrale di Kokkos, lontana dal cattivo gusto che spesso si registra per questo personaggio risultando simpatica e vivace, caratteristiche proprie del personaggio interpretato.
Per quanto riguarda gli altri personaggi il tenore Andrea Giovannini è stato un efficace Mastro Trabuco, il basso Marco Spotti era il Marchese di Calatrava, il mezzosoprano Natalia Gavrilan Curra, il baritono Jacobo Ochoa Un Alcade e il basso Andrea Pellegrini Un Chirurgo. Tutti molto bravi nell’integrare l’esecuzione.
Roberto Abbado ha guidato l’Orchestra dl Teatro Comunale di Bologna ed il Coro del Teatro Comunale di Bologna diretto Gea Garatti Ansini offrendo una direzione certo efficace ma, a nostro avviso, in certi punti, mancante di quella necessaria cantabilità verdiana e di quel ‘fuoco’ di stampo romantico che spesso traspare in questo capolavoro.
Per dovere di cronaca dobbiamo riferire che Roberto Abbado è stato oggetto, fin dal suo apparire in sala, di una rumorosa contestazione che nulla aveva a che vedere con la sua interpretazione che, comunque, è risultata del tutto valida. Da quanto abbiamo potuto capire la contestazione è nata dalla decisione della dirigenza del Festival di utilizzare una orchestra diversa da quella solita, decisione che dalla nostra ottica appare percorribile per il fatto che il Regio di Parma non possiede un’orchestra stabile. Considerando che i contestatori sono giunti in teatro muniti di fischietto ci è sembrato che questa manifestazione di dissenso sia da attribuire più alla politica, soprattutto in vista delle prossime elezioni, che a fattori artistici veri e propri.
La recita alla quale ci riferiamo è quella di giovedì 22 settembre ed era l’inaugurazione del Festival Verdi 2022. Al termine lo spettacolo è stato salutato dal pubblico che gremiva al limite della capienza la bella sala del Teatro Regio di Parma di Nicola Bettoli, con sonore e reiterate ovazioni rivolte a tutti i partecipanti.