Lo spettacolo che ha inaugurato la stagione 2007/2008 all’Opera di Los Angeles aveva diverse caratteristiche particolari: a livello musicale, perché ad andare in scena era il “Fidelio”, l’unica opera composta da Beethoven; dal punto di vista della produzione, che ha visto il trionfo di una triade di creativi italiani – il noto regista, scenografo e costumista Pier’Alli, il lighting designer Guido Levi e Sergio Metalli di ldeogamma, maestro delle scenografie virtuali. La terza peculiarità riguardava proprio queste ultime, perché lo spettacolo ha segnato il debutto delle videoproiezioni all’interno del prestigioso Dorothy Chandler Pavillion.
Levi e Metalli avevano già collaborato in passato, ad esempio per un Macbeth allo Sferisterio di Macerata, e Levi ha detto: “Lavorare con Sergio è sempre meraviglioso, ma questa volta è stato particolarmente bello. Abbiamo lavorato per quindici giorni con un set e delle comparse, preparando le immagini da proiettare. Io, Sergio e suo figlio Mattia abbiamo costruito tutto e, grazie ai mezzi di Sergio, si potevano visualizzare in tempo reale le immagini, decidendo eventuali modifiche. Ho illuminato il set in modo che le proiezioni combaciassero con l’azione in scena. I risultati si sono visti sul palcoscenico e, ad esempio, tutto il secondo atto è basato su luci e proiezioni: la cosa straordinaria è che si perde il palcoscenico, lo spettatore non capisce dov’è il confine tra la scena vera e quella proiettata, il che rende tutto come meravigliosamente intangibile”.
Levi quindi smentisce l’idea che il lavoro del lighting designer sia penalizzato dalle proiezioni: “In questo caso è successo esattamente il contrario, grazie anche alla potenza dei proiettori”.
Un altro luogo comune smentito dal Fidelio era che i melomani fossero sempre riluttanti ad accettare l’impiego della tecnologia nei “loro” spettacoli, come conferma Jeff Kleeman, Direttore Tecnico del Los Angeles Opera: “I risultati ottenuti sono stati estremamente buoni e l’intensità e la risoluzione erano le migliori che molti dei membri della produzione tecnica avessero mai visto. Tutte le reazioni che ho sentito sono state immensamente entusiaste – il pubblico ha capito perfettamente che le proiezioni erano concepite ed integrate con grande cura. Credo inoltre che l’utilizzo delle proiezioni fungerà da catalizzatore per una più diffusa integrazione tra mezzi ad alto contenuto tecnologico e la scenografia tradizionale costruita artigianalmente. Sergio e Pier’Alli hanno collaborato strettamente dall’inizio sul concetto di questa produzione per armonizzare proprio questo aspetto. Questo sforzo ha prodotto un risultalo impeccabile, al punto che molti spettatori si chiedevano dove finissero le proiezioni ed iniziasse la scenografia fisica… questo tipo di approccio è incredibilmente eccitante!”.
Citato sia dagli addetti ai lavori sia nelle recensioni entusiaste della stampa statunitense come il momento di maggior impatto visivo, nel secondo atto le proiezioni e le luci hanno trascinato gli spettatori giù nelle oscure profondità della prigione del protagonista, Florestan, lungo un percorso sinistro fra pareti minacciose, strumenti di tortura e catene.