l'Opera- ITALIA - rivista mensile

22 Febbraio 2022

Azioni musicali

in prima mondiale la nuova opera di Battistelli al Teatro La Fenice

Con fatica e in un clima di gran sospetto, ii comico e tornato solo di recente ad affacciarsi sulle scene del teatro musicale “colto”. Uno dei pochi compositori contemporanei che si cimentano abitualmente con soggetti improntati a leggerezza e ironia è Giorgio Battistelli. Lo dimostra il suo catalogo operistico, che è arrivato a 34 titoli e, accanto ad alcune opere di impronta drammatica, comprende diverse “azioni musicali” ascrivibili alla dimensione della commedia e ricavate dai piu diversi contesti, tra i quali spicca quello cinematografico: si pensi a lavori come Teorema (1992), Prova d’orchestra (1995), Miracolo a Milano (2007), Divorzio all’italiana (2009) e II medico dei pazzi (2014) che si rifa a un film con Totò a sua volta attinto da una commedia di Eduardo Scarpetta.

L’elemento comico ritorna, o meglio, dovrebbe ritornare anche nella sua ultima opera, andata in scena in prima mondiale al Teatro La Fenice di Venezia: Le baruffe, adattamento fin troppo libero da Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni. II problema non è il libretto scritto dallo stesso compositore e da Damiano Michieletto, che firma anche lo spettacolo. I tre atti della commedia goldoniana vengono adattati senza soluzione di continuita in tre quadri (più un preludio e un finale, unici momenti in cui compare il coro) per la durata complessiva di un’ora e quaranta. Nonostante gli inevitabili tagli, il lavoro svolto sotto questo profilo è pregevole, anche perche gli autori del libretto mantengono l’originario dialetto chioggiotto, lasciandone intatte le espressioni idiomatiche, la musicalità e la freschezza.

I conti non quadrano sotto il profile musicale. Battistelli adotta uno stile, che verrebbe da definire quasi espressionista, scarsamente sintonizzato con lo spirito della commedia goldoniana. Le baruffe chiozzotte sono una storia corale dove la poesia comica trova una perfetta fusione nel mondo dell’ordinario e del quotidiano: nulla di insolito o di straordinario accade nel corso dei tre atti goldoniani. Alla poesia dei luoghi e delle cose si accompagna una elegia tenue, coperta dal comico e dall’allegria. La musica di Battistelli risulta invece ridondante e artificiosa, eccessivamente drammatica in rapporto alla vena popolare e all’ironia del testo. In orchestra prevalgono le tinte dense, scure, e una tensione spesso amplificata dalle percussioni: basta un colloquiale “va in malora!” perche si scateni un cataclisma. Goldoni è un drammaturgo incline alle sfumature, che ama parlare per allusioni più che per vistosi pronunciamenti. Nulla, nelle sue Baruffe, rimanda a una problematica sociale o politica. Battistelli punta al contrario a un ridimensionamento drastico del comico: per lui, come per Michieletto, e solo apparenza, una facciata che cela una condizione sociale durissima. Di qui la sottolineatura, sia sul versante musicale che visivo, della componente drammatica, legata alla povertà dei pescatori, ai condizionamenti ambientali e persino atmosferici a cui sono sottoposti. Anche quando le sonorità si fanno più trasparenti, liquide e (relativamente) cameristiche, si ha la sensazione di una musica piu adatta a un dramma di Strindberg o Ibsen. Il distacco e ovviamente voluto, intenzionale, ma il senso di straniamento che ne risulta rispetto al testo e davvero eccessivo. Michieletto concepisce uno spettacolo antirealistico, dove tutto concorre a sottolineare la povertà dei protagonisti e la precarietà delle loro condizioni. Vi serpeggia una inquietudine diffusa, rimarcata da una atmosfera nebbiosa, ovvero dal fumo alimentato da tre gradi ventilatori sospesi (almeno all’inizio, perche poi nel corso della rappresentazione le pale continuano a girare a vuoto). Per il resto, Paolo Fantin escogita una scenografia in divenire, quasi danzante, risolta in pareti di legno mobili che vengono mosse a vista e cambiano continuamente prospettiva, alludendo via via ai diversi ambienti. Le assi lignee che formano queste pareti vengono quindi divelte e diventano armi nel corso delle baruffe fino a una completa frantumazione dello spazio scenico. Baruffe concepite con un’impronta chiaramente ballettistica grazie ai movimenti coreografici di Thomas Wilhelm. Come sempre, lo spettacolo è ben congegnato e realizzato, ma l’atmosfera cupa e opprimente in questo caso non lega né con il libretto dell’opera né con lo spirito della commedia originaria. Solo l’accurato lavoro registico di Michieletto sugli interpreti risulta in buona misura fedele alla tradizione rappresentativa goldoniana, ovviamente depurata da convenzioni abusate, moine, leziosaggini. Anche i costumi di Carla Teti, per quanto logori e volutamente spenti nei colori, rimandano alla tradizione. Sotto il profilo esecutivo non si puo che elogiare la conduzione di Enrico Calesso, approfondita e analitica nella concertazione. II direttore veneto ha dato il dovuto rilievo alle sonorità dense e scure previste, assecondando tensioni e pulsazioni ritmiche della musica di Battistelli, senza mai prevaricare o penalizzare il “recitar cantando” dai ritmi spezzati, irregolari, spesso concitato, affidato ai cantanti. Altrettanto lodevoli gli interpreti, che si sono fatti valere sia per la precisione nel dominare una scrittura vocale impegnativa e non sempre ben risolta da Battistelli (soprattutto sul versante femminile), sia per l’abilita e la naturalezza della recitazione. lneccepibili nel controllo dell’emissione come nella varietà e duttilità del fraseggio Leonardo Cortellazzi nei panni di Toffolo, Alessandro Luongo in quelli di Padron Toni, Pietro Di Bianco nel ruolo di Padron Vicenzo. Ottime per tenuta vocale e caratterizzazione pure le prove di Emanuele Pedrini, El Comandador, Federico Longhi, Isidoro, Rocco Cavalluzzi, Padron Fortunato, Enrico Casari, Titta-Nane, e Marcello Nardis, Beppo. Molto brave anche le interpreti femminili, a partire dalla Checca di Silvia Frigate, per proseguire con la Orsetta di Francesca Lombardi Mazzulli, La Madonna Pasqua di Valeria Girardello, la Madonna Libera di Loriana Castellano e, per finire, con la Lucieta di Francesca Sorteni. Completava la locandina Safa Korkmaz, venditore di zucca. Alla prima, applausi cordiali per i cantanti, un po’ più calorosi per Battistelli, Calesso, Micheletto e il suo team.

                     

                                                                                                                                                  Roberto Mori